RUBRICA GIUGNO 2020

Cercherò di non ripetere tanti concetti già scritti e detti in questo periodo del Covid-19. Per tante ore, tanti giorni, molte settimane siamo rimasti isolati restando a casa. Per me, nato alla metà del ‘900, è stato difficile. Eppure ho vissuto tanti dolori personali ma anche terribili episodi che sono entrati nella storia:la guerra fredda, il razzismo, gli assassini di John F. Kennedy e Martin Luther King, la guerra nel Vietnam, gli anni di piombo, le brigate rosse, la morte di Moro, la caduta degli ideali politici e potrei andare avanti ricordando molti altri episodi, compreso l’attacco alle Torri Gemelle.

Una sensazione di scoraggiamento c’è sempre in questi momenti difficili. C’è da dire però che da ognuna di queste brutte situazioni l’umanità è sempre uscita migliorata.

Gli artisti a volte sembrano lontani dalla quotidianità. Ma questa è soltanto una sensazione. Ogni forma d’arte ha sempre subito gli aspetti socio-culturali del presente e del passato.  Che il mondo non fosse pronto ad una pandemia lo abbiamo scoperto in questi giorni.

Nel 1918 si era già vissuta una cosa simile, ma da quell’esperienza abbiamo capito ora che non si è imparato nulla. Nel 2015 Bill Gates aveva già proclamato che il nostro grande nemico sarebbe potuto essere un virus. Dove eravamo in quel momento? Perchè il governo italiano all’allarme lanciato da Bill Gates ha risposto tagliando fondi alla sanità e alla ricerca?

Per la cultura molti fondi non ci sono mai stati e meno che mai per la danza!

Io non so fare altro che il mio lavoro, il lavoro di artista, sono un artigiano coreutico. So danzare, insegnare, coreografare. Tanti vivono d’arte nel nostro Paese, ma tutto questo non sembra importare allo Stato. In questo momento siamo considerati il nulla. Ci dicono che il 15 giugno i teatri riapriranno. Che fra poco faremo ripartire tutti i settori. Anche quello dello spettacolo dal vivo.

Nessuno che ci governa, però ci dice, che nulla sarà come prima. Più che mai nella danza, un settore bistrattato anche prima della pandemia.

Gli anni Settanta e Ottanta hanno espresso una forte creativa e diffusione della danza contemporanea, che ha preso piede lentamente ma con grandi risultati. La danza classica negli enti lirici, insieme ad alcune compagnie private, ha saputo innalzare la qualità dando una importante stabilità all’arte coreutica. Ma questo non ha mai interessato lo Stato Italiano o chi si è avvicendato al governo.

Solo tante promesse durante le varie campagne elettorali, poi il silenzio

Quante tavole rotonde e conferenze inutili. Durante la pandemia giustamente i DPCM ci hanno obbligato a chiudere ogni attività non essenziale, ci hanno chiuso in casa e ci hanno tenuti fermi di decreto in decreto. Però nel frattempo le scuole di danza e compagnie hanno dovuto pagare gli affitti, le utenze, le tasse, danzatori, docenti, coreografi, imprese di pulizie, collaboratori, segretari e potrei andare avanti all’ infinito. E lo Stato in che maniera ha deciso di supportarci? Offrendoci la possibilità di accedere a prestiti. Lo Stato ci ha obbligato a chiudere per poi chiederci di riaprire indebitandoci.

E nel frattempo chi ci ridarà il tempo e il denaro perduto?

Le scuole e le compagnie di danza  prima della pandemia non vivevano nel lusso, ma vivevano con la speranza che un giorno il loro lavoro potesse essere riconosciuto come un “lavoro”  che contribuisse all’economia in Italia e nel mondo.

Ma molti pensano che danzare non sia un lavoro, che non si “campa” con la danza, o meglio non si “mangia” con l’arte in genere. Ma non è così.

Nelle scuole di danza tanti talenti iniziano il loro percorso per poi proseguire verso mete più importanti. La danza è cultura e disciplina. Due componenti essenziali per un paese democratico.

Gentili lettori vado verso la conclusione con una nota di speranza

Di sicuro alla fine della pandemia dovremo pensare a una rinascita, soprattutto a un modo diverso di valutare ciò che abbiamo considerato sino ad adesso come necessario e “essenziale”. Forse non è un caso che questo anno si celebri Raffaello Sanzio nella ricorrenza dei 500 anni dalla scomparsa, un genio della pittura italiana, che, insieme a Leonardo e Michelangelo, divenne un simbolo universale del nostro Rinascimento. So di sicuro che il settore danza in questo momento deve essere unito più che mai per superare anche i cliché del nostro mondo. Dobbiamo darci una mano l’uno con l’altro nella ricostruzione dell’arte della danza senza fare una guerra tra poveri.  Dobbiamo indagare per capire dove abbiamo sbagliato e rinforzare ciò quello che serve per migliorare il nostro settore.

Sono morte più di  200 mila persone nel mondo, e noi dobbiamo far si che questa tragedia non accada più. Molti non hanno avuto la possibilità di stare vicino ai loro cari, per problemi di contagio. Piango per loro e per i loro familiari, piango per coloro che da in questa tragedia hanno perso il lavoro e per quelli che non si rialzeranno.

La danza è stare bene, è benessere, un wellness continuo. La danza esprime la libertà dell’essere umano, un’arte che esiste solo nel momento in cui si esegue, e regala allo spettatore la possibilità di sognare. Un mondo magico, onirico e tutto da scoprire. Dovremo riorganizzare  il modo su come vedere la danza, sia per la formazione che per l’aspetto performativo.

Non molliamo, dobbiamo arrivare fino in fondo per poi risalire. Certamente nulla sarà come prima, ricordandoci di ciò che avevamo per creare un futuro migliore per tutti, lasciando ininterrottamente delle tracce di luce nell’aria.

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